Lo strato che si trova al di sotto degli strati rocciosi sul fondo dell'oceano potrebbe costituire il più grande serbatoio biologico esistente, potendo teoricamente ospitare più organismi di quanto non facciano tutti gli habitat marini messi insieme.
Per cercare prove a sostegno di questa suggestiva ipotesi, è stata allestita una nave da ricerca, la Thomas G. Thompson, equipaggiata con un robot sommergibile, Jason, sospeso a un fascio di cavi elettrici e fibre ottiche. Jason è in grado di compiere molte delicate operazioni sul fondo dell'oceano, grazie al suo braccio in alluminio dotato di una «mano» a quattro artigli. Tutte le operazioni sono visualizzate per mezzo di una telecamera.
Finora, forme di vita come batteri solforiduttori, vermi tubuliformi o granchi predatori erano state rinvenute sul fondo oceanico in corrispondenza di sorgenti calde emesse da una sorta di camini rocciosi chiamati «fumatori neri».
Questa spedizione è invece alla ricerca di forme di vita in sorgenti calde prodotte artificialmente, in punti dove il calore proveniente dal basso fa fuoriuscire acqua da fratture della roccia. Si dovrebbe così riuscire a campionare l'acqua che si trova nelle fessure interne alla crosta oceanica.
A questo scopo, nel 1998 alcune colonne di plastica contenenti speciali filtri destinati a intrappolare cellule, DNA o altre tracce di vita sono state collocate sul fondo dell'Oceano Pacifico. Le colonne sono dotate di sensori elettronici per misurare la temperatura e il flusso dell'acqua, parametri utili a determinare se sussistano o meno le condizioni idonee alla vita. Il loro recupero è la fase più delicata, dal momento che il rischio di contaminazione con organismi presenti nell'oceano è molto alto. Dopo la loro permanenza sul fondo i filtri, una volta aperti, appaiono impregnati di una melma bruno-verdastra, probabilmente di origine biologica. L'acqua raccolta presso il foro di sonda è stata analizzata e sono stati trovati lipidi diversi da quelli presenti in campioni di acqua di mare provenienti dallo stesso sito. Inoltre è stata rinvenuta la presenza di batteri termofili che non potrebbero sopravvivere alle gelide temperature del fondo marino, oltre a batteri anaerobi, organismi presenti normalmente in acque anossiche che non potrebbero tollerare le alte concentrazioni di ossigeno disciolto nell'acqua di mare.
Questi sono già risultati molto incoraggianti, anche se bisogna restare prudenti: per il momento non c'è ancora alcuna prova del fatto che questi organismi provengano effettivamente dalla crosta.
La fase successiva della ricerca prevede l'inserimento di un tubo in titanio lungo tre metri, una sorta di «ago ipodermico» per attingere fluidi dalla crosta insieme agli organismi in essi contenuti.
La conferma di questa ipotesi in futuro aprirebbe un ventaglio di nuove possibilità. Il ritrovamento di forme di vita nella crosta terrestre al di sotto degli oceani permetterebbe addirittura di non escludere la presenza di organismi anche nei letti fluviali di Marte.
© 1999 - 2001 Le Scienze S.p.A." |