I signori della pioggia
Dietro i tre-quattro minuti dei programmi sulle previsioni del tempo, che i meteorologi presentano ogni giorno in Tv, c'è una lunga e complessa catena di informazioni e di tecnologie avanzatissime. Il suo inizio è a 36 mila chilometri dalla Terra, dove orbitano i satelliti artificiali. La catena prosegue sulle reti informatiche di tutto il mondo, passa nei supercomputer e in centri di elaborazione grafica, approdando poi sulla scrivania e sul monitor del meteorologo, il quale riesce infine a dare un senso, nel più breve tempo possibile, a questi miliardi di bit giunti fino a lui. Partiamo dal primo anello della catena, quello spaziale. Il primo satellite meteo della storia è stato l'americano Tiros-1, lanciato nel 1960; oggi quelli attivi sono oltre una dozzina. Alcuni si trovano su orbite basse (tra i 400 e i 1000 chilometri dalla Terra), che consentono di tenere sotto controllo tutta la superficie del pianeta in passaggi successivi, comprese le zone polari. Altri satelliti sono in orbita geostazionaria (a 36 mila chilometri dalla Terra), trovandosi immobili rispetto allo stesso punto del pianeta: possono così riprendere in maniera continuativa circa il 40 per cento della superficie del globo. La famiglia dei satelliti europei Meteosat, che inviano le ben note immagini dell'Italia per le previsioni che vediamo ogni giorno in Tv o sui giornali, sono, per esempio, in orbita geostazionaria. Un satellite meteo non si limita a "fotografare" la Terra ma riprende immagini su tre diverse bande: lo spettro della luce visibile, l'infrarosso termico e l'infrarosso di assorbimento del vapore acqueo. La frequenza di ripresa dei satelliti geostazionari è di solito una immagine tripla (una per ogni banda spettrale) ogni 25-30 minuti; ciò consente di seguire in tempo quasi reale la situazione e di realizzare animazioni con gli spostamenti delle masse nuvolose. Le immagini sono riprese da un radiometro ad alta risoluzione; si tratta di un dispositivo elettro-ottico di cui l'elemento principale è un telescopio di alcune decine di centimetri di diametro. Dalle immagini delle tre bande spettrali si possono ricavare una quantità di informazioni come: 1) la copertura nuvolosa e la quota della sommità di tali formazioni (l'altezza delle nuvole è dedotta dalla loro temperatura); 2) le temperature della superficie dei mari; 3) la velocità e la direzione dei venti; 4) la ripartizione del vapore acqueo negli strati superiori della troposfera (mostra l'umidità nelle zone senza nuvole); 5) il bilancio tra l'irraggiamento ricevuto dal Sole e quello riflesso. L'analisi delle immagini all'infrarosso permette di determinare, sia di notte sia di giorno, le temperature della superficie della Terra e delle nuvole con una accuratezza di un grado centigrado. Inseguendo piccole nuvole con foto prese ogni 30 minuti è possibile stabilire direzione e velocità dei venti con una precisione di tre metri al secondo. Tutta la mole dei dati provenienti dai satelliti meteorologici viene integrata con quelli raccolti dalle stazioni di rilevamento (automatiche o gestite da personale) dislocate sulla terraferma, in mare, su aerei e palloni sonda rilasciati a intervalli regolari durante la giornata da centinaia di uffici meteorologici nazionali in tutto il mondo. I dati devono riferirsi tutti allo stesso momento della giornata: per convenzione internazionale, vengono rilevati ogni sei ore alle 00, 06, 12 e 18. Tutta questa enorme quantità di dati che definisce lo stato dell'atmosfera in un determinato istante viene immessa in un supercomputer che esegue una analisi tridimensionale con una elevatissima risoluzione: prende infatti in considerazione 60 strati orizzontali a quote che vanno dal suolo fino a 40 chilometri e porzioni di territorio di 50 chilometri di lato ma estese su tutto il globo. Per il controllo globale sono necessari almeno cinque satelliti geostazionari e altri in orbita bassa polare. I vari enti nazionali si scambiano poi tra loro tutti i dati. L'analisi della condizione atmosferica eseguita dal supercomputer viene assunta come "istante zero". È a questo punto che entra in funzione la grande potenza di elaborazione della macchina, che applica il cosiddetto "modello di previsione" (basato su formule di fisica e di matematica) e che attualmente può spingere l'anticipazione fino a un massimo di 10-15 giorni. "Si tratta di equazioni estremamente complesse, che se si dovessero verificare alla lettera, operazione per operazione, dato per dato, farebbero arrivare la previsione qualche giorno dopo la data richiesta", spiega il colonnello Mario Giuliacci, direttore del Centro Epson Meteo di Milano. "Per una previsione a dieci giorni sull'area europea", continua Giuliacci, "occorrono 20 mila miliardi di calcoli. Se si dovessero fare con carta e penna, alla velocità "umana" di un'operazione ogni 5 secondi, sarebbero necessari mille matematici a tempo pieno per circa tre anni. Allora, come si dice in gergo, prima di tutto si "potano" le equazioni, eliminando i parametri meno fondamentali, la cui mancanza comporterà un piccolo errore rispetto alla realtà. Poi si danno "in pasto" al supercomputer". A livello europeo, questo compito è svolto dal superelaboratore del centro inglese di Reading. "Questa macchina", sottolinea Giuliacci, "impiega circa tre ore a fare i calcoli, compresa la parte preliminare di interpolazione e scrematura dei dati. Le deduzioni del computer, però, da sole non bastano. A questo punto occorre il lavoro degli esperti". Il clima dell'Italia, per esempio, non è paragonabile con quello di altre regioni europee per vari fattori (la catena delle Alpi, l'aria più calda del Mediterraneo, influenza della massa d'acqua dell'Adriatico) che alterano la circolazione dell'atmosfera per centinaia di chilometri. La situazione italiana è così complessa che è stato necessario suddividere il Paese in ben otto regioni climatiche: Alpi, Valle Padana, Alto Adriatico, Medio e Basso Adriatico, Liguria e Toscana Settentrionale, Versanti Tirrenici, Calabria e Sicilia, Sardegna. "Uno dei problemi principali", prosegue Giuliacci, "è dato dalle barriere montuose. La simulazione di cosa realmente accade è uno degli esercizi più difficili che si possano immaginare. Le perturbazioni che arrivano in Italia devono attraversare l'arco alpino, che deforma tutto ciò che passa da Nord a Sud. Si tratta di una serie di fenomeni che i modelli matematici non riescono ancora a descrivere bene. Viene allora in soccorso un gruppo di "modellisti" (sono studiosi di fisica dell'atmosfera in grado di costruire i modelli fisico-matematici), che devono considerare l'insieme di tali variabili. Di nuovo, un supercomputer (quello del Centro Epson è in grado di svolgere tre miliardi di operazioni al secondo) elabora il modello. Poi spetta al meteorologo interpretare i dati. E così, sulla base dell'esperienza dell'uomo, si corregge il modello stesso. Ecco perché non si può andare in Internet, prendere il modello matematico e fare da sé la previsione". Per capire il rapporto che lega l'uomo e il computer, Giuliacci fa un esempio: "Tra i meteorologi e coloro che si occupano di sviluppare i modelli matematici di previsione c'è lo stesso rapporto che lega un grande pilota di Formula 1 alla sua équipe di ingegneri. Senza uno Schumacher che descrive agli ingegneri le sue sensazioni alla guida, questi non saranno mai in grado di costruire un'auto capace di vincere un Gran Premio". Per formulare previsioni a brevissima scadenza (inferiori a nove ore), dette "Nowcasting", e disponibili per esempio sui telefonini, il meteorologo si basa sul movimento delle nuvole. Si mette davanti al computer nel quale passa il "filmino" costruito mettendo in sequenza le fotografie scattate dal satellite ogni 30 minuti durante le ultime 12-24 ore. "Le previsioni", dice Giuliacci, "si basano in buona parte sull'esperienza professionale dell'esperto e dalla valutazione di alcuni parametri contenuti nei tipi di immagini inviate dal satellite, che permettono di stabilire il tipo delle nubi (se portano pioggia, a quale altezza si trovano), come si muoveranno, e a quale velocità". I centri meteorologici sono oggi in grado di effettuare previsioni che su scala locale arrivano fino a dettagli di tre chilometri per tre, con una attendibilità di oltre il 95 per cento sulle 24 ore, del 90 per cento a 36 ore e dell'88,7 per cento a 48 ore. Ma l'impressionante sviluppo delle tecnologie informatiche porterà un giorno a disporre di ciò che ognuno vorrebbe, cioè previsioni a lunga scadenza, esatte al cento per cento ? "Neanche tra un secolo arriveremo ad avere previsioni esatte superiori a 15 giorni", conclude Giuliacci. "Perché questo è un limite posto dalla natura, dalla sua imprevedibilità"."
 
Tratto da "Newton", Febbraio 2000 Foto: www.sat.dundee.ac.uk/
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